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Scheda 4. Classi e alunni "fragili"
Il problema
Il benessere complessivo del bambino e del ragazzo è una componente decisiva del suo successo scolastico. Il "malessere", che un bambino potrebbe vivere in modo più o meno nascosto, si manifesta facilmente a scuola, perché qui condiziona la disponibilità all'apprendimento. La "fragilità" degli alunni sul versante personale e della socialità si traduce in fragilità dei singoli alunni e della classe anche sul piano apprenditivo. La scuola e gli insegnanti si trovano al centro di questa delicata dialettica.
La problematica si presenta nelle forme più varie:
- alunni sempre distratti, che non seguono l'insegnante se non per brevi tratti di attenzione;
- alunni svogliati, che non amano la scuola;
- alunni che si impegnano nello studio solo il minimo indispensabile, ostentando disinteresse per ogni attività proposta;
- alunni che non partecipano alle attività educative di gruppo o che vi prendono parte senza alcun entusiasmo;
- alunni che, semplicemente, sembrano avere capacità intellettuali inadatte all'impegno scolastico;
- alunni facilmente preda di forme di dipendenza "mentale" indotte da TV, telefoni cellulari, IPod, ecc., a tutto discapito dell'impegno scolastico.
Ogni insegnante ha coltivato almeno una volta l'idea che gli scarsi risultati scolastici raggiunti da alcuni alunni non dipendano solo da carenze nell'offerta o nella metodologia educativa, ma possano essere imputati a qualche disagio, ad un malessere individuale o sociale che debba essere "curato" con interventi extrascolastici.
La sofferenza che si percepisce negli alunni e che la scuola non risolve, ma anzi sembra aggravare, si proietta anche sugli insegnanti, creando una spirale negativa di difficoltà crescenti che talvolta si allarga da una classe all'altra, fino a coinvolgere un'intera scuola.
Che cosa fare
Si tratta del profilo problematico forse più vicino alla dimensione pedagogica propria della scuola. Sono insomma questi i problemi che spetta alla scuola trattare, senza pretendere di delegarne la soluzione ad agenzie esterne, ma rafforzando la formazione e la professionalità dei docenti, qualificando la propria azione pedagogica, aggiornando i contenuti dell'insegnamento.
Non si può tuttavia tralasciare la circostanza che il malessere che l'alunno vive a scuola possa effettivamente essere il sintomo di un disagio più profondo. Operare per motivare cognitivamente il bambino serve non solo a migliorare il rendimento scolastico, ma anche a prevenire l'insorgere, negli anni, soprattutto in età adolescenziale, di problematiche con diretto impatto sulla salute (tossicodipendenze, disturbi psicologici o dell'alimentazione, comportamenti a rischio ecc.). L’ambiente della scuola ha un peso molto importante nell’acquisizione di stili di vita sani e corretti.
I passaggi suggeriti nella Scheda 1 possono essere ripresi anche riguardo a queste situazioni. In particolare, si possono sottolineare i seguenti aspetti:
- Si ribadisce l'importanza di condividere tra insegnanti le informazioni sulle diverse situazioni significative che interessano le classi, attivando forme di osservazione individualizzata e di gruppo;
- Grande valore va attribuito alla prassi di co-costruire tra colleghi una conoscenza approfondita del problema, nei suoi aspetti pedagogici e negli eventuali risvolti psicosociali, attivando a tale riguardo un gruppo di lavoro scuola-servizi. Quest’ultimo dpotrebbe essere previsto e fornito di risorse nell’ambito del Piano di Offerta formativa. Suo compito è quello di elaborare e attuare progetti a livello individuale e di classe, nel rispetto delle diverse competenze e professionalità. Alcune figure professionali presenti all'interno della scuola, almeno in alcune realtà del Veneto, come gli psicopedagogisti, si sono dimostrate particolarmente efficaci nel promuovere e nel realizzare interventi in questo ambito.
- Si può sottolineare in questa sede l'importanza di dare il giusto risalto al gruppo-classe. È infatti la classe la dimensione in cui si manifesta il "disagio cognitivo" dei singoli alunni; è pertanto a livello di gruppo-classe che dovranno essere attuate in via privilegiata le strategie di contrasto e di recupero.
Scuola e servizi: come collaborare
Anche in questo caso, si può rinviare ai passaggi metodologici identificati nella Scheda 1. In particolare, si evidenziano i seguenti punti:
- L’avvio della collaborazione tra la scuola e il sistema dei servizi sociali e sciosanitari del territorio potrebbe avvenire a seguito dell’'invio di una scheda di accesso, debitamente compilata e sottoscritta dal dirigente scolastico, all’operatore dei servizi identificato come il punto di contatto competente;
- un gruppo di lavoro scuola-servizi attivato sul caso (attivato e non creato ad hoc: la sua presenza dovrebbe infatti essere prevista nel POF della scuola) dovrebbe preoccuparsi di co-costruire il progetto di intervento. Fulcro di quest'ultimo è il gruppo classe, piuttosto che il singolo o i singoli alunni che si presentano come particolarmente fragili.
- Un apporto positivo specifico che i servizi possono offrire in questi casi consiste nell'aiutare le scuole a mettersi in rete tra di loro e con le altre agenzie educative e formative del territorio, allo scopo di migliorare la qualità della propria presenza educativa e culturale. È ormai una prassi consolidata tra le scuole quella di costituire reti, più o meno strutturate, per l'educazione alla salute, l'educazione interculturale, l'educazione musicale, l'educazione ai diritti umani, l'educazione alla partecipazione e i consigli comunali dei ragazzi, ecc. Per costituire e mantenere attive tali rete, le risorse organizzative e finanziarie dell'istituzione scolastica spesso non sono sufficienti. È allora l'ente locale che potrebbe farsi carico di sostenere queste attività, offrendo anche gli opportuni apporti di competenze tecniche, culturali, ecc. Queste forme di collaborazione interistituzionale andrebbero formalizzate attraverso protocolli, memorandum, intese, ecc.