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2.1. Le risorse, ovvero i soggetti da mettere in rete e le rispettive responsabilità
La protezione e la tutela dei minori di età compete a vari soggetti - istituzionali e non - che sono chiamati ad agire in rete e ad integrare così le loro diverse competenze, nell'adempimento delle responsabilità loro attribuite dalla legge.
Il mondo della scuola è osservatorio privilegiato della condizione dei bambini e degli adolescenti e, pertanto, si inserisce di diritto in questa rete, con le proprie responsabilità e le proprie risorse.
Gli attori principali di questo sistema sono qui di seguito brevemente presentati . Per una presentazione più articolata di tali soggetti (escluso lo specifico del mondo della scuola) si rinvia al Primo capitolo delle Linee guida regionali per gli operatori dei servizi sociali e sociosanitari (La cura e la segnalazione. Le responsabilità nella protezione e nella tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Veneto, 2008).
I bambini, gli adolescenti e le loro famiglie
Il minore di età che vive una situazione di disagio (nel senso più ampio del termine, che va dalle difficoltà più semplici ai “gravi pregiudizi”) è il protagonista di ogni intervento di protezione che lo riguardi. L’intervento va costruito a sua misura e con la sua collaborazione. Egli è, infatti, la risorsa prima e più importante da attivare per il ristabilimento di una situazione di benessere o per la prevenzione di un rischio di pregiudizio.
Il coinvolgimento della sua famiglia è fondamentale sia per la piena comprensione della situazione vissuta dal minore, sia per la progettazione e realizzazione dell'intervento di aiuto e/o protezione del bambino o ragazzo. Ciò implica che tali interventi, salvo specifici casi di particolare gravità in cui richiesta l'azione dell'Autorità giudiziaria, devono essere realizzati con il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale.
I soggetti della scuola
La scuola è un’istituzione diversificata per ordini che seguono la crescita degli alunni. Ciascun ordine presenta caratteristiche organizzative proprie per venire incontro alle esigenze specifiche dell’età. I primi tre ordini di scuola – la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e quella secondaria di primo grado, sono spesso sono raggruppati in Istituti Comprensivi, che prevedono, quindi, un’unica dirigenza pur mantenendo specificità proprie. Esistono ancora, d’altra parte, sul territorio della Regione, diverse Direzioni Didattiche (che comprendono scuola dell’Infanzia e scuola Primaria) e Scuole Secondarie di primo grado (le “scuole medie”) come istituzioni separate. Anche la Scuola Secondaria di secondo grado presenta situazioni diversificate sul territorio: spesso si incontrano Istituti Superiori che comprendono differenti tipologie di scuola; in comune hanno comunque il fatto di rivolgersi alla stessa fascia di età. Questi Orientamenti tuttavia fanno riferimento solo ai primi tre ordini di scuola (primo ciclo) e non approfondiscono le problematiche degli adolescenti ultra-quattordicenni.
In relazione ai temi trattati in questi Orientamenti (rilevazione di problemi o difficoltà di singoli o di gruppi-classe, segnalazione di situazioni di rischio, ecc.) le scuole hanno attivato diverse strategie e sviluppato prassi ricche e diversificate, di cui non è possibile dare conto in modo esaustivo. In estrema sintesi si possono richiamare le seguenti modalità d’azione:
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Collegamenti più o meno strutturati con le Aziende Ulss, con gli Enti Locali, con specialisti esterni privati, con il Pubblico Tutore dei minori, sia direttamente da parte dei singoli insegnanti o del dirigente scolastico, sia attraverso una specifica figura incaricata (cosiddetto Funzione strumentale) ;
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In tutti gli ordini di scuola possono infatti essere attivate delle figure, scelte dal Collegio Docenti fra gli insegnanti dell’Istituto sulla base di un progetto specifico, chiamate Funzioni Strumentali, il cui compito è di perseguire specifiche finalità previste dal Piano dell’offerta formativa (POF) d’Istituto. Le problematiche che vengono affrontate in questi Orientamenti rientrano tra le competenze della Funzione Strumentale che si occupa delle varie forme di “disagio”; qualche volta la denominazione i questa funzione strumentale richiama i diritti del bambino o il benessere del bambino. In ogni caso si tratta di una figura istituzionale che ha un compito di collegamento con le strutture sociosanitarie o specialistiche, nonché quello di coordinare le diverse tipologie di intervento con l’azione didattica.
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Nelle scuole ed Istituti del primo ciclo di istruzione sono presenti a volte, più o meno spesso secondo i territori, figure di insegnanti distaccate parzialmente o totalmente dall’attività in classe e a cui sono affidate funzioni psicopedagogiche. Si tratta di insegnanti con competenze riconosciute e certificate, con laurea specifica, che hanno il compito di raccogliere le esigenze relative al “disagio” scolastico di varia natura; di curare le relazioni fra famiglia, alunni ed insegnanti; di fornire aiuto e supporto ai docenti nella predisposizione di specifici interventi didattici e di segnalare alle Ulss o alle istituzioni competenti gli eventuali problemi specifici, seguendo quindi il percorso di aiuto e coordinando le varie componenti che interagiscono. Lo psicopedagogista ha quindi la possibilità di osservare una molteplicità di aspetti e di intervenire in modo mirato nelle relazioni.
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Nelle scuole secondarie, soprattutto in quelle di secondo grado ma anche in talune scuole del primo ciclo, si incontra spesso il servizio C.I.C. - Centro di Informazione e Consulenza. fI CIC sono nati come strutture formate da personale interno alla Scuola, a volte integrate da personale esterno competente in campo psicopedagogico. Negli anni la struttura si è sviluppata in modo diversificato . Attualmente si incontrano diverse tipologie di C.I.C.:
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In alcuni casi il CIC offre servizi attuati esclusivamente da uno o più docenti della Scuola che gestiscono uno “sportello di ascolto” ed elaborano progetti inerenti le problematiche che emergono dalle tre componenti scolastiche: studenti, genitori e docenti.
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In altri casi il CIC consiste in un servizio di ascolto gestito da uno psicologo o un educatore dell’Asl, a cui si possono affiancare attività programmate nelle classi o nelle assemblee di Istituto.
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Un terso tipo di CIC prevede un servizio misto, gestito sia da docenti interni che da personale specializzato esterno, fornito dalle Aziende Ulss o da liberi professionisti, talvolta su base sostanzialmente volontaria.
Un docente assicura il coordinamento tra i diversi professionisti impegnati nelle attività del CIC.
I soggetti del territorio: Gli Enti locali, le Aziende Ulss
La titolarità della tutela dei minori spetta ai Comuni, che possono però delegare alle Aziende ULSS le funzioni in campo sociale.
Per favorire l'integrazione dei servizi ad un livello territoriale adeguato, la Regione del Veneto favorito la delega delle funzioni sociali dai Comuni alle Aziende ULSS e, più recentemente, ha sostenuto forme di associazione fra Comuni per una gestione più efficiente di tali servizi.
La delega può essere totale (funzioni di gestione amministrativa e funzioni tecnico professionali di valutazione e presa in carico) o parziale, quando le funzioni amministrative rimangono al Comune.
Nelle materie delegate i Comuni stabiliscono le priorità d'intervento, conferiscono le relative risorse e verificano il conseguimento dei risultati con gli strumenti della programmazione locale.
L'esercizio o meno della facoltà di delega (o di associazione) da parte dei Comuni ha portato alla formazione di situazioni territoriali diversificate. Spesso sono dei protocolli territoriali a declinare nello specifico la divisione delle competenza. Le istituzioni scolastiche, quindi, a seconda dell’area in cui si trovano, dovranno relazionarsi talvolta con i servizi sociali comunali, altre volte con i servizi dell'Azienda sociosanitaria.
È opportuno pertanto che i responsabili degli Enti locali e dell'Azienda sociosanitaria provvedano a presentare alle scuole del territorio lo specifico assetto organizzativo dei servizi sociali e sociosanitari del territorio e le rispettive competenze/responsabilità per la protezione dell'infanzia, con particolare attenzione ai canali e alle modalità di accesso.
Sono di competenza dell'Azienda Ulss gli interventi sanitari e sociosanitari diagnostici e terapeutici rivolti sia al minore che alla sua famiglia.
L'Azienda Ulss assicura, inoltre, come è stato detto sopra, la programmazione, la progettazione e la gestione dei servizi sociali, in relazione alle deleghe conferite dai Comuni e sulla base degli indirizzi espressi dalla Conferenza dei Sindaci.
I soggetti dell'accoglienza
Quando un bambino o un adolescente viene temporaneamente allontanato dalla sua famiglia, la legge prevede che sia accolto da una famiglia affidataria; quando ciò non è possibile, dispone il suo inserimento in una comunità di accoglienza. La scuola potrà quindi doversi relazionare con i genitori affidatari o con il responsabile o gli educatori della comunità. I diritti del bambini e ragazzi allontanati, per qualsiasi motivo, dalla propria famiglia o privi di genitori, sono protetti dall’azione dei professionisti che operano all’interno dei servizi sociali e/o sciosanitari e garantiti da ulteriori specifiche istituzioni.
Famiglie affidatarie e affidatari
La legge stabilisce che il minore di età allontanato sia affidato "ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno" (art. 2, comma 1, L. 184/83).
Le famiglie affidatarie e gli affidatari sono dunque soggetti disponibili ad accogliere temporaneamente bambini e ragazzi all'interno di progetti predisposti e realizzati con i servizi sociali e finalizzati, per quanto possibile, al recupero delle funzioni genitoriali e di cura della famiglia di origine. I rapporti del minore con la famiglia d'origine, salvo precisa diversa disposizione, non solo non vengono interrotti, ma devono essere favoriti.
La famiglia affidataria o l'affidatario che accoglie il minore deve provvedere alla sua cura, educazione e istruzione. Sono costoro che accompagnano il minore nella quotidianità della vita sociale e scolastica. Poiché tuttavia non sono titolari della responsabilità genitoriale, sulle questioni più rilevanti decidono i genitori o, se nominato dal giudice, il tutore. (Sul tutore v. la sezione successiva).
Si precisa che un minore può essere anche affidato direttamente dal genitore ad un parente prossimo (entro il quarto grado).
La comunità di accoglienza svolge le medesime funzioni della famiglia affidataria. Sono, pertanto, gli operatori/educatori della comunità che mantengono i rapporti ordinari con la scuola e con i servizi. Rimangono anche in questo caso in capo ai genitori esercenti la potestà o al tutore le decisioni più importanti.
La normativa regionale del Veneto varie tipologie di comunità: comunità educativa per minori, comunità educativa per minori con pronta accoglienza, comunità educativa diurna per minori/adolescenti, comunità educativo-riabilitativa per preadolescenti/adolescenti, comunità educativa mamma-bambino, comunità familiare, comunità familiare mamma-bambino.
Le comunità devono essere autorizzate e accreditate sulla base dei requisiti e degli standard stabiliti dalla Regione.
Il tutore legale
Il minore che non ha più i genitori o i cui genitori si sono visti sottrarre la potestà genitoriale, è rappresentato da un tutore. Di solito si tratta di un parente del minore, ma l’autorità giudiziaria (giudice tutelare o, talvolta, il tribunale per i minorenni) può decidere di attribuire tale funzione ad un adulto che non ha legami di parentela con minore. Anche il tutore legale – di cui si parlerà anche nella prossima sezione – è tra le figure che rappresentano il minore con ci gli operatori scolastici possono dovere interagire.
Il tutore è responsabile della cura del minore d'età, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni. Tra le competenze del tutore non rientra invece l'accudimento quotidiano del minore, che spetta alla famiglia affidataria o alla comunità di accoglienza.
Il tutore svolge le sue funzioni secondo le prescrizioni del giudice e si relaziona principalmente con il servizio sociale che segue il minore. Il tutore inoltre si coordina con la comunità di accoglienza o la famiglia affidataria, affiancandola per le decisioni più importanti o che hanno comunque conseguenze legali. Il tutore fa partecipare il minore d'età alle decisioni che lo riguardano, in modi adeguati alla sua età e maturità, e si fa suo portavoce per tutelarne gli interessi e difenderne i diritti.
La Regione del Veneto
Le principali funzioni della Regione in materia di protezione e cura dei minori di età sono le seguenti:
- stabilire l’indirizzo e la programmazione dei servizi sociali e sociosanitari (la Regione, ad esempio, ha istituito i cinque centri del Veneto per il trattamento delle situazioni di abuso sessuale e grave maltrattamento);
- garantire e controllare la qualità dell'assistenza sociale e sociosanitaria fornita dai servizi territoriali;
- effettuare il monitoraggio sulle comunità di accoglienza e sui minori d'età accolti, così come sui minori in affidamento familiare su decreto del Tribunale per i minorenni.
Il Pubblico Tutore dei minori del Veneto
Il Pubblico Tutore dei minori è un'istituzione indipendente di promozione e tutela dei diritti dei minori di età. In Italia opera nel Veneto e in alcune altre Regioni.
Il Pubblico Tutore dei minori non esercita la tutela giurisdizionale dei diritti, che è di competenza dell'Autorità Giudiziaria, né esercita funzioni assistenziali, proprie dei servizi sociali, ma opera al confine tra questi due ambiti.
La legge regionale n. 42/88 assegna al Pubblico Tutore dei minori del Veneto le seguenti funzioni:
- sensibilizzazione, formazione, selezione di persone disponibili ad assumere la tutela legale di un minore di età. A tal fine è stato predisposto il Progetto Tutori che ha permesso la creazione di una banca dati di volontari formati e messi a disposizione dei giudici.
- vigilanza sull'assistenza prestata ai minori d'età che vivono fuori della propria famiglia;
- collaborazione per la promozione di iniziative per prevenire e trattare l'abuso e il disadattamento;
- promozione di una cultura dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
- elaborazione di pareri sulle proposte leggi e atti di governo regionale riguardanti i bambini;
- "ascolto" di situazioni segnalate da singoli, associazioni, servizi territoriali, scuole, ecc., riguardanti situazioni di mancata realizzazione dei diritti del fanciullo. L'Ufficio del Pubblico Tutore svolge un'azione di orientamento, di consulenza, di composizione e mediazione dei conflitti e, se necessario, segnala il caso alle autorità amministrative o giudiziarie di competenza affinché contribuiscano alla sua risoluzione.
- segnalazione alle competenti amministrazioni dei fattori di rischio o di danno derivanti a bambini e ragazzi a causa di situazioni ambientali carenti o inadeguate dal punto di vista igienico-sanitario, abitativo, urbanistico.
L'Autorità Giudiziaria
Le competenze spettanti all'Autorità Giudiziaria per la tutela dei minori di età sono distribuite tra vari soggetti: la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, il Tribunale per i minorenni, il giudice tutelare, la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario, il Tribunale ordinario.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni
La Procura minorile ha sede presso il Tribunale per i Minorenni e, come quello, ha competenza regionale. Le sue principali responsabilità sono le seguenti:
- Riceve le denunce di reati commessi da minorenni, svolge le indagini preliminari e richiede l'archiviazione del caso, oppure esercita l'azione penale davanti al Tribunale per i minorenni;
- Valuta le segnalazioni di situazioni di pregiudizio o di abbandono di minore di età che vengono inviate dai servizi sociali, dalle forze dell'ordine o da altri soggetti (cittadini e volontariato sociale), finalizzate alla tutela civile del bambino o ragazzo;
- se ne ravvisa le condizioni, dà seguito alle segnalazioni ricevute richiedendo, tramite ricorso, al Tribunale per i minorenni di pronunciarsi adottando misure quali la dichiarazione dello stato di adottabilità, la decadenza, sospensione o limitazione delle responsabilità genitoriali, l'allontanamento del bambino dalla residenza familiare, ecc.. In particolare, se c'è stato un intervento di protezione attuato dalla pubblica autorità in base all'art. 403 codice civile (collocamento di emergenza in luogo sicuro di un minore), il Procuratore richiede al Tribunale un provvedimento urgente di allontanamento del minore dalla residenza familiare. In ogni caso, il Procuratore comunica al servizio segnalante le iniziative intraprese oppure le motivazioni del mancato ricorso.
- Se è stato commesso un reato a danno del minore ad opera di un adulto, inoltra la documentazione alla competente Procura presso il Tribunale ordinario.
- Il procuratore, inoltre, può segnalare all'Ufficio del Pubblico Tutore situazioni particolarmente complesse per le quali ravvisa l'opportunità di attivare forme di mediazione e/o facilitazione. vSpetta alla Procura effettuare o disporre, ogni sei mesi, ispezioni nelle comunità di accoglienza o condurre ispezioni straordinarie ogniqualvolta lo ritenga opportuno.
È il principale organo giudiziario di tutela dei minori. Ha competenza su tutto il territorio regionale per le questioni civili e amministrative attinenti ai minori e per quelle penali quando il minore è autore di un reato.
Il Tribunale decide sui ricorsi presentati dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni o dalle parti private legittimate. In particolare, dichiara lo stato di adottabilità; pronuncia la decadenza, la sospensione o la limitazione delle responsabilità genitoriali; dispone l'allontanamento dalla famiglia di un minore che si trovi in una situazione pregiudizievole, ecc.. Il Tribunale giudica i minori d'età accusati di aver commesso un reato e adotta le misure penali previste dalla legge.
Presso ogni Tribunale ordinario c'è un magistrato che svolge anche il ruolo di giudice tutelare. Le sue principali competenze, in relazione ai minori d’età, sono:
- nominare il tutore legale e sovrintendere alla tutela;
- rendere esecutivo l'affido familiare o l'inserimento in comunità tutelare disposto dal servizio sociale con il consenso dell'esercente la potestà e vigilare sull'affido per i primi due anni (poi la competenza passa al Tribunale per i minorenni).
La Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario
Quando un adulto viene accusato di aver commesso un reato in danno di un minore di età, l'azione penale è di competenza della Procura ordinaria, che segnala la situazione alla Procura minorile se ravvisa gli estremi per intervenire sulla tutela civile del minore d'età.
Tra i suoi compiti:
- in sede civile, decidere sull'affidamento dei figli minori in caso di separazione o divorzio dei genitori coniugati e sulle questioni economiche relative ai minori;
- in sede penale, giudicare un maggiorenne accusato di un reato in danno di un minore d'età.