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Scheda 5. Inserimento dei bambini/ragazzi stranieri di recente arrivo

 

Il problema

L’alunno straniero non rappresenta di per sé un “problema” per la scuola. Casomai è una sfida educativa che la scuola deve accogliere. La condizione di “non italiano” di cui è portatore l’alunno può tuttavia mettere in difficoltà gli insegnanti, suscitando interrogativi e, talvolta, facendo sorgere delle situazioni di disagio nell’ambiente scolastico. In alcuni casi si rischia di confondere e mescolare le (ovvie e superabili) difficoltà che derivano al bambino o ragazzo dall'appartenere ad una cultura diversa da quella del posto (per lingua e costumi), con problematiche di tipo socio-familiare o personale-psicologico.

  • Un gruppo di problemi si ricollega al primo ingresso a scuola dei bambini e/o ragazzi di origine straniera. L’azione della scuola deve tener conto di variabili quali il modo in cui sono arrivati in Italia; lo status di immigrati “regolari” o “irregolari” dei loro genitori; la loro età, il percorso scolastico pregresso (quali documenti lo attestano, in quale classe vanno inseriti…); la necessità di predisporre un particolare supporto linguistico, ecc.
  • Un secondo gruppo di questioni va ricondotto alla frequenza scolastica. Questa può essere irregolare o saltuaria, connessa alla bassa o alta considerazione di cui gode la scuola nelle diverse culture. La discontinuità può dipendere anche da fattori pratici, come la comprensione, da parte della famiglia, delle regole di funzionamento della scuola italiana. Oppure può essere condizionata dal rapporto con i paesi di origine: periodici rientri in patria possono essere causa di interruzioni nella frequenza. Infine, la necessità di aiutare in casa o di lavorare in età precoce (specie ora che l'obbligo scolastico è stato innalzato a 16 anni), può provocare scarsa affezione alla scuola o l’abbandono scolastico.
  • Un terzo gruppo di problemi va ricondotto all'esperienza in classe, con i compagni, con gli insegnanti, con il sistema scuola. Difficoltà possono presentarsi durante momenti come la mensa, la ricreazione, le gite, le uscite, le feste. In queste situazioni si presentano maggiormente le differenze di tipo culturale, in materia, per es.,  di rappresentazioni dei ruoli maschile e femminile; rapporto con l’autorità; relazioni tra pari; prescrizioni religiose; regole e abitudini nel campo dell’alimentazione, dell'igiene, dell’abbigliamento, ecc.
  • Possono riscontrarsi anche problemi di natura economica, che incidono non poco sulla possibilità del bambino/ragazzo straniero di partecipare alla vita sociale della classe (ridotta disponibilità a festeggiare compleanni o altri mementi di socializzazione).
  • Trasversalmente a queste tipologie di "problemi" si inserisce lo scoglio linguistico: come entrare in relazione con l’alunno e favorire il suo apprendimento in un contesto linguistico che non conosce e/o gli è totalmente estraneo? Come comunicare con la sua famiglia stante la difficoltà di parlarsi? A volte è proprio il figlio in età scolare l'unico membro della famiglia che ha acquisito dimestichezza con la lingua italiana, e si trova a fare da interprete tra gli insegnanti e i genitori: come procedere, considerando che l'oggetto della comunicazione tra scuola e famiglia è il figlio stesso, il suo modo di stare a scuola, i bisogni che ne scaturiscono?
  • Infine, un nucleo ulteriore di problematiche riguarda le situazioni in cui alla difficoltà dell'essere straniero si sommano problemi familiari e/o psicologici, oppure difficoltà scolastiche preesistenti. Come leggere gli eventuali segnali di trascuratezza che sconfina nel maltrattamento, di aggressività che sconfina nel bullismo, di deprivazione culturale che può essere anche psicologica? Come questa lettura può/deve tener conto dell'essere straniero? E fino a che punto?

 

Che cosa fare

Per poter individuare il "che fare" nell’ambito scolastico è opportuno distinguere tra le diverse tipologie di difficoltà:

  • Rispetto al gruppo di problemi inerenti il primo inserimento dei bambini/ragazzi a scuola è opportuno rifarsi alle "Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri" del Ministero dell'Istruzione di febbraio 2006 e agli altri documenti normativi (Allegato 5) che indicano come comportarsi in merito a iscrizione, documentazione ecc.
  • Relativamente alle difficoltà inerenti la frequenza scolastica, il rapporto con la scuola intesa come contesto sociale, oppure i problemi collegati alla lingua, diventa cruciale mettere a fuoco, insieme ai colleghi, attraverso modalità di co-costruzione analoghe a quelle illustrate nella Scheda 1, la natura e le dimensioni dei problemi che si presentano, circoscriverli e soprattutto differenziare tra un problema e l'altro.
  • Se si tratta di affrontare il deficit linguistico dell'alunno, la strada per una soluzione va ricercata senz’altro all'interno del contesto scolastico: è infatti la scuola l'istituzione tenuta ad attrezzarsi in proprio per favorire l'apprendimento della lingua italiana. In questi casi insegnanti e dirigente potranno, con le proprie risorse, progettare laboratori, lezioni e/o altre occasioni didattiche per facilitare nei bambini/ragazzi l'apprendimento dell'italiano. Va peraltro ricordato che in molti territori, gli enti locali offrono alle scuole la possibilità di avvalersi, nei primi tempi dell'inserimento del minore, di mediatori linguistici.
  • Per quanto invece riguarda il rapporto con le regole scolastiche, la vita sociale nell'ambito scolastico, il rapporto con i pari, la comunicazione con la famiglia, diventa cruciale potersi avvalere della figura del mediatore culturale. Il suo ruolo fondamentale è infatti appunto quello di facilitare il rapporto tra le culture, e quindi circoscrivere la possibilità di equivoci e distorsioni comunicative tra scuola e famiglia, tra allievo e contesto scolastico. Il mediatore – risorsa generalmente messa a disposizione dall'ente locale – può essere un partner fondamentale per comunicare e comprendere alcuni dei comportamenti/atteggiamenti del bambino/ragazzo e della sua famiglia. In questo modo si riduce il rischio di attribuire a quanto accade significati fuorvianti, leggendoli esclusivamente con le categorie culturali italiane o della comunità locale, e non anche con quelle del paese di origine.
  • Nel caso in cui, dopo un'attenta valutazione del gruppo docente, emergessero difficoltà imputabili a condizioni socio-familiari o personali-psicologiche che vanno al di là della condizione di straniero, valgono le indicazioni descritte nelle altre Schede che trattano le diverse tipologie di problemi e quindi le modalità di co-costruzione e collaborazione con la rete dei servizi lì indicate. In questi casi occorre porsi il problema del sostegno all'alunno e alla sua famiglia nella fruizione dei servizi che si rivolgono a tutti i minori. Rimane fondamentale la funzione del mediatore per far sì che l'insieme dei servizi esistenti rappresenti un aiuto effettivo anche per questi bambini/ragazzi e per le loro famiglie.

 

Scuola e servizi: come collaborare

  • All'inizio di ogni anno scolastico è necessario che ciascun ente locale che ha la competenza di favorire la presenza sul territorio di mediatori linguistici e di mediatori culturali, (art. 40 comma 1 della legge 40 del 1998 sull'immigrazione), presenti alle scuole le diverse possibilità di avvalersi di queste risorse e le procedure per accedervi.
  • È opportuno che ciascun dirigente scolastico si informi, presso gli enti locali del territorio, dei servizi di mediazione culturale di cui la scuola può avvalersi nel rapporto con gli alunni e le famiglie straniere, fermo restando che, come precisano le citate "Linee Guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri", la "funzione di mediazione è compito generale e prioritario della scuola stessa".
  • È opportuno considerare il mediatore un partner alla stregua degli operatori dei servizi sociali e sociosanitari della rete territoriale, e quindi avviare tra docenti e mediatore un gruppo di lavoro per la messa a punto del progetto, il monitoraggio periodico e la verifica dello stesso.
Per tutti i problemi trattati nelle altre Schede le modalità di collaborazione con i servizi sociali e sociosanitari rimangono le medesime, con l'accortezza di inserire il mediatore nel gruppo di lavoro.