Il consenso informato dei genitori

Il rapporto di collaborazione che si costruisce tra scuola e servizi non può prescindere dal consenso informato dei genitori del bambino o del ragazzo e/o di chi esercita la potestà genitoriale sul minore. Nel momento in cui gli insegnanti intercettano delle situazioni di disagio, sono assolutamente liberi di chiedere consulenza ai servizi sociali e/o sociosanitari del territorio e di avviare con loro un percorso di confronto e approfondimento dei segnali raccolti (come suggerito in questi Orientamenti), a patto però di non rivelare il nome del minore di cui si sta esponendo la situazione (v. anche l’approfondimento sulla Privacy). Una volta avviato, il percorso può seguire più strade:

  1. Nella gran parte dei casi, scuola e servizi concorderanno una strategia di azione della scuola mirante a coinvolgere la famiglia, per es. sostenendola nel rivolgersi direttamente ai servizi, allo scopo di fornire al bambino in difficoltà un sostegno psicologico, o per avviare i genitori ad un percorso di aiuto, oppure, nei casi dispersione/evasione scolastica, per aiutare la famiglia a garantire ai figli la frequenza a scuola. In questi casi i genitori saranno i primi destinatari delle azioni intraprese dalla scuola, quindi saranno pienamente informati delle preoccupazioni che la scuola ha rispetto al figlio. Saranno i genitori quindi a richiedere eventualmente il coinvolgimento dei servizi esponendo loro la situazione che riguarda la loro famiglia.
  2. Nel caso in cui, grazie anche alla consulenza dei servizi sociali e/o sociosanitari e al percorso condiviso di analisi dei segnali di disagio, gli insegnanti avvertano l’esistenza di una situazione di pregiudizio per il minore tale da doversi procedere al più presto ad una segnalazione alla rete dei servizi di protezione (per es. dinanzi a segnali di preciso e prolungato maltrattamento e/o abuso), la scuola, nell'interesse preminente del minore, è legittimata a far conoscere la situazione ai servizi senza il consenso informato dei genitori (ciò anche per evitare che la richiesta del consenso possa aggravare il rischio in cui il minore si trova, ad es. perché il pregiudizio è causato da membri della famiglia). In questa ipotesi prevale il principio di beneficità e il preminente interesse del minore.
  3. Un caso relativamente frequente è quello in cui la famiglia, pur ripetutamente sollecitata, si rifiuta di collaborare al progetto proposto dalla scuola d’intesa con i servizi, per es. non presentandosi a colloqui o incontri organizzati ad hoc. La scuola segnalerà la situazione specifica ai servizi, affinché questi intervengano per impedire il pregiudizio che il minore sta vivendo, convocando a loro volta la famiglia e, se del caso, adottando le misure di protezione del minore previste dalla legge.
  4. Non si richiede il consenso informato dei genitori per operare la denuncia all’autorità giudiziaria di un reato di cui sia vittima il minore (vedi l’approfondimento sull’Obbligo di denuncia): se l’insegnante raccoglie direttamente la notizia del reato, egli è tenuto alla denuncia in forza del principio di legalità. Come è specificato nel testo, sarà bene che l’insegnante sia accompagnato in questa azione – che dovrà compiere personalmente nella misura in cui è lui ad aver raccolto la prova di un possibile reato – non solo dal dirigente scolastico, ma anche dai servizi sociali e sociosanitari. Ciò avverrà più facilmente se la collaborazione scuola-servizi è stata già avviata.

In conclusione, se la scuola, in collaborazione con i servizi come sopra descritto, riesce a cogliere i segnali di difficoltà degli alunni e studenti in una logica di prevenzione, risulta ampiamente possibile coinvolgere i genitori nel progetto di lavoro diretto a sostenere la crescita del figlio, e quindi fare in modo che siano i genitori ad accedere direttamente alla rete dei servizi sociali e sociosanitari specifici, oppure usufruire dei servizi con l'accordo dei genitori stessi.
In certi casi ciò risulta impossibile: quando c’è un espresso rifiuto dei genitori a collaborare o vi sia da parte loro una manifesta impossibilità/incapacità di provvedere a quanto necessario al minore, quando le condizioni di rischio per il minore sono dovute proprio all'agire dei genitori, e quindi la richiesta del loro consenso aggraverebbe il pregiudizio. In queste situazioni è possibile per la scuola, nell'interesse preminente del minore, avvalersi del principio di beneficità e fare intervenire i servizi senza il consenso informato dei genitori. Spetterà ai servizi analizzare le circostanze del caso e agire eventualmente secondo il principio di legalità.