Numeroso, interessato e ad appartenenza professionale diversa (professionisti dei servizi, dirigenti scolastici e insegnanti, psicologi, educatori, assistenti sociali, avvocati) il pubblico che lo scorso martedì 10 dicembre ha seguito a Padova il convegno promosso dal Pubblico Tutore dei minori del Veneto e dedicato al tema “La relazione d’ascolto … spazio tra me e l’altro. Accogliere i diritti dei bambini e degli adolescenti” (cfr. altra nostra news di lancio dell'iniziativa).
Attraverso un approccio multidisciplinare al tema, il convegno ha affrontato uno dei diritti più complessi e difficili da rendere esigibili tra quelli riconosciuti ai minori di età dalla CRC (Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e adolescenza ): il diritto all’ascolto/partecipazione, previsto all’art.12 della stessa.
<Riconoscere il minore come “soggetto di diritto” ha contribuito a mettere in discussione i rapporti tra generazioni, tra genitori e figli, tra modelli educativi consolidati e nuove esigenze. Pur avendo aperto alle nuove generazioni inedite possibilità di essere partecipi della vita sociale con un ruolo attivo, l’effettività di tale diritto non sembra di facile attuazione> - ha sottolineato nel corso della giornata il Pubblico Tutore dei minori, dott.ssa Aurea Dissegna. <Assistiamo ad esempio alla contraddizione di un approccio all’infanzia da parte delle famiglie - ma anche delle istituzioni - in perenne tensione tra un modello di iper-emancipazione e nel contempo di iper-protezione. Le leggi da sole non bastano per rendere esigibili ed effettivi i diritti. Per l’infanzia e l’adolescenza in particolare l’attuazione di un diritto è speculare al dovere degli adulti di renderlo tale. Occorre che quanto affermato e perseguito entri nei comportamenti degli adulti, nella “cultura” più ampia ed in quella istituzionale, nelle pratiche operative, nelle procedure di quanti hanno responsabilità a vari livelli: personale, professionale ed istituzionale e che “il nuovo” modo di riconoscere l’infanzia e l’adolescenza venga metabolizzato nelle culture organizzative>.
Significativi gli interventi dei diversi relatori che hanno sottolineato la differenza tra “udire”, più connotato da passività e non esclusività, ed “ascoltare” che presuppone invece una scelta di relazione con l’altra persona (prof. Curi, filosofo), l’importanza dell’ascolto attivo (prof.ssa Sclavi, sociologa), la centralità del ruolo dell'adulto maturo che <deve rivolgere la sua attenzione sia ai "pensieri" formulati esplicitamente dal bambino o dall'adolescente, che ai "sussurri" che rimangono appena accennati o impliciti> (dott. Boccanegra, psichiatra e psicoanalista).
Agli adulti dunque la responsabilità di affinare la capacità e la competenza all’ascolto, che dovrebbe guidare le azioni nella quotidianità della vita, sia privata che professionale. La responsabilità che accompagna l’ascolto non implica il dover dare risposte che esauriscono la richiesta; è piuttosto un rispondere che deve lasciare libertà all’altro, “lasciar essere, creare autonomia”.
Ad ognuno dei presenti il compito di accogliere e rielaborare le provocazioni emerse durante il convegno, per farsi promotore di una pratica di ascolto capace di perseguire il miglior interesse dei bambini e degli adolescenti.